venerdì 11 marzo 2011

BENVENUTI NEL NOSTRO BLOG!

Abbiamo deciso di realizzare un blog sulla musica degli anni '70 perché ha avuto dei cambiamenti nella società che anche al giorno d'oggi si stanno riproponendo: è l'energia e la voglia che i giovani hanno nel portare cambiamenti.
Proponevano una musica anti-tradizionalista, che voleva mettere al bando la musica melodica e produrre provocazione, arrivando alla libertà musicale, nei costumi e libertà sessuale.




Giorgio Gaber coerente con se stesso sino alla fine cantava con spudoratezza, disillusione e ironia temi quali il patriottismo e l'orgoglio nazionale.
L’emozione generata dalla morte di Giorgio Gaber, assieme al proliferare di trasmissioni celebrative, rievocazioni, concerti che hanno fatto conoscere una figura così atipica a quella fetta di italiani che ne sapeva a malapena il nome hanno spinto il disco uscito postumo a un successo clamoroso. Non c’è dubbio. L’idea di avere tra le mani una sorta di testamento ha portato “Io non mi sento italiano” in cima alle classifiche – ciò che probabilmente non sarebbe capitato in una situazione diversa. Non è difficile immaginare con che spirito la prenderebbe l’autore. Soprattutto al pensiero che il disco possa essere considerato alla stregua di un testamento. L’asprezza ironica di Gaber saprebbe come trattare simili retoriche sentimentalistiche.
La consapevolezza che “se tolgo ciò che è falso non resta più niente”. O si pensi alla canzone che dà il titolo al disco. Un titolo esso stesso ambiguo, visto il senso delle riflessioni su uno stato sfasciato, su una democrazia grottesca nata dalla fine delle camice nere, su un senso di patria inesistente, su un paese che nel mondo occidentale non è che la periferia, riflessioni che però s’infilano nell’imbuto della fierezza italiana e dell’orgoglio di essere nati qui, non altrove, tanto che la canzone si conclude: “Io non mi sento italiano (...) ma per fortuna o purtroppo, per fortuna, per fortuna, lo sono”.