IL SESSANTOTTO



Il 1968 è stato per molti versi un anno particolare, nel quale grandi movimenti di massa socialmente disomogenei, attraversarono quasi tutti i paesi del mondo con la loro carica contestativa e sembrarono far vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società.
La portata della partecipazione popolare e la sua notorietà svolgersi degli eventi in un tempo relativamente concentrato contribuirono ad identificare col nome dell'anno il movimento, il Sessantotto .

Il movimento nacque originariamente a metà degli anni sessanta negli Stati Uniti e raggiunse la sua massima espansione nel 1968 nell'Europa occidentale col suo apice nel Maggio francese.
Nel campo occidentale (Europa e Stati Uniti) un vasto schieramento di studenti e operai prese posizione contro l'ideologia dell'allora nuova società dei consumi, che proponeva il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista come punto centrale della vita sociale.

Negli Stati Uniti la protesta giovanile si schierò contro la guerra del Vietnam, mentre diffusa in buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, la "contestazione generale" ebbe come nemico comune il principio dell'autorità.

Nelle scuole gli studenti contestavano i pregiudizi dei professori, della cultura ufficiale e del sistema scolastico classista e obsoleto. Nelle fabbriche gli operai rifiutavano l'organizzazione del lavoro e i principi dello sviluppo capitalistico che mettevano in primo piano il profitto a scapito dell'elemento umano. Facevano il loro esordio nuovi movimenti che mettevano in discussione le discriminazioni in base al sesso (con la nascita del femminismo) e alla razza.

Gli obiettivi comuni ai diversi movimenti erano la riorganizzazione della società sulla base del principio di uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale e l'estirpazione della guerra come forma di relazione tra gli stati.


La presenza di giovani operai a fianco degli studenti fu la caratteristica anche del Sessantotto italiano, in Italia la contestazione fu il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni sessanta, dovuto al fatto che il cosiddetto boom economico aveva giovato perlopiù alla borghesia e non era stato accompagnato da un adeguato aumento del livello sociale ed economico delle classi meno abbienti.


L'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica si saldò con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell'istruzione e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata, i prodromi di quello che diverrà il sessantotto inizieranno a palesarsi nel 1966.



Il 24 gennaio 1966 avvenne a Trento la prima occupazione di una università italiana ad opera degli studenti che occuparono la facoltà di Sociologia, questa occupazione si concluse a causa dell'alluvione del 1966 che interessò gran parte dell'Italia settentrionale e centrale. Molti studenti si mossero come volontari per portare aiuto nelle aree più colpite, e questo primo movimento ed incontro spontaneo di giovani, provenienti da tutta Italia, contribuì a far sorgere in molti di essi lo spirito di appartenenza ad una classe studentesca prima sconosciuta.
La scintilla iniziale fu determinata da due situazioni di disagio per gli studenti universitari della Università Cattolica di Milano e della facoltà di Architettura di Torino. Nel primo caso l'università decise di raddoppiare le tasse universitarie mentre a Torino venne deciso il trasferimento alla Mandria, una sede periferica molto disagiata.
Dopo tre giorni 30.000 studenti sfilavano per Milano fino all'arcivescovado e la rivolta si allargò a macchia d'olio. L'atteggiamento repressivo della polizia, sempre presente il "famoso" battaglione Padova della Celere, che intervenne sugli studenti come se fossero dei ragazzini viziati, finì con il costituire il propellente per la diffusione della protesta.

Nel maggio del '68 tutte le università, esclusa la Bocconi, erano occupate.
Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai politici e dalla stampa, si passò repentinamente alle lotte dei lavoratori.

Le agitazioni presero origine per il rinnovo di molti contratti di lavoro, per l'aumento dei salari uguale per tutti, per la diminuzione dell'orario, per le pensioni, la casa, la salute, i servizi, ecc. Per la prima volta il mondo dei lavoratori e il mondo studentesco fu unito fin dalle prime agitazioni su molte questioni del mondo del lavoro, provocando nel Paese tensioni sempre più radicali e a carattere rivoluzionario, sfiorando in alcuni casi l'insurrezione, visti i proclami, i giornali e i fatti che accadevano in Italia.



La Fiat di Torino, dopo alcuni incidenti in settembre causati da atti di sabotaggio alle catene di montaggio dove furono persino distrutte migliaia di auto, reagì sospendendo 25.000 operai e dopo cinque giorni di inutili mediazioni si sfiorò il dramma. Al grido di "potere operaio" ci fu una mobilitazione generale e il tentativo di occupazione dell'azienda, tre mesi di agitazione misero in crisi l'intera città, con tre mesi senza salario furono paralizzate tutte le attività produttive e commerciali.
Il 21 dicembre con una mediazione furono accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritornò una calma apparente. Ma gli operai otterranno alla fine dell'anno molti risultati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, minori ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica. E getteranno anche le basi dello Statuto dei lavoratori (siglato poi nel 1970).

La politicizzazione degli anni settanta

La natura di movimento controculturale ed anticonformista del movimento sessantottino le attribuiva un carattere creativo e "rivoluzionario" che avrebbe accomunato nel conflitto i partiti che istituzionalmente rappresentavano la sinistra: il Partito Comunista Italiano (PCI) registrò la scissione del gruppo del Manifesto ed il Partito socialista la nascita del PSIUP. La rivolta generazionale era un movimento nel quale si riconosceva una intera classe giovanile, che non aveva avuto né "credo di provenienza" né "appartenenza politica" e rivolgeva domande alla società, tra le quali il diritto allo studio. Del resto i cambiamenti maggiori che esso produsse, se si eccettua il mutamento radicale nella presa di coscienza generalizzata del ruolo paritario della donna, furono a livello di costume.